“Dentro di me succedevano cose per cui non c’erano parole,
o ce ne erano troppe-
cose così semplici che sembravano infantili addirittura pensarci,
ma a cui per molto tempo non ero riuscita a pensare”.
Una dipendenza dal sapore ancora infantile di riempire vuoti con elementi dell’altro è il primo passo che porta ad abbandonarci in relazioni pericolose, alcune delle quali diverranno tossiche.
Il romanzo d’esordio della scrittrice irlandese Megan Nolan, Atti di Sottomissione, narra la storia d’amore della giovane protagonista per il critico d’arte Cioran di bell’aspetto e anaffettivo; un amore che si fa ossessione quotidiana e tessitura sentimentale violenta, fatta di atti di sottomissione e scelte mancate.
L’idealizzazione dell’altro – l’uomo di cui ci pensiamo innamorate, in questo caso, è spesso presente quando siamo molto giovani e diviene motore per buona parte della nostra vita relazionale. Quando accade, le relazioni sono ispirate da forti bisogni di esclusività che coltiviamo come fossero piante di ortensia sul nostro balcone, bisognose di annaffiature giornaliere, nel tentativo di non far cambiare colore ai fiori.
L’idealizzazione dell’altro soddisfa anche la nostra ricerca di perfezione, che è prima di tutto immaginifica, e riguarda la costruzione di un’idea di noi che non è ancora consapevolezza di sé (faccende identitarie), non è ancora appropriazione dei propri limiti attraverso anche un corpo che scopriamo finito perché a scadenza; piuttosto un primo tentativo vano di porre ordine al caos avvertito come minaccioso e che proviene dall’esterno, dall’interno o da entrambi i fronti.
La costruzione di un’idea di noi, e che molto sembra c’entrare con La Costruzione di un amore, meraviglioso brano di Ivano Fossati, in principio “tutto nella nostra testa”, diviene così ricerca spasmodica che agisce con forza nella realtà esterna, e in alcuni casi anche con violenza quando il legame con il nostro corpo è ancora fragile, perché in costruzione, per l’appunto, proprio come durante l’adolescenza.
E l’ossessione della protagonista per l’Altra- Freja, attraverso la ricerca costante delle sue foto sui Social, di un corpo più armonioso, dalla forma chiara, platinata, senza apparenti difetti e per questo più rassicurante della nostra, né è la prova. La protagonista trafuga identità altrui per scomparire, per fuggire di nascosto al confronto con sé stessa che incalza con l’età e le nuove consapevolezze.
Scelgo di riportare, qui di seguito, alcuni passaggi tra i più significativi del racconto capaci di mettere in luce la potenza di un racconto vero:
“Sarei stata completamente vuota e immobile se era quello che voleva, o rumorosa quanto bastava per riempire i silenzi. Sarei stata vigorosa e vitale se si annoiava, e quando si fosse stancato, sarei diventata prosaica e noiosamente utile come le posate”.
Questi versi svelano il pericoloso gioco di adeguamento agli umori e bisogni altrui e annullamento dei propri, quando il legame si trasforma in un’eco simmetrico e asfissiante per entrambi e si perdono le tracce del nostro sentire.
I segnali concreti di una dipendenza affettiva pericolosa, di cui la protagonista ne è assolutamente consapevole, li ritroviamo nel graduale isolamento da amici e familiari, da una vita improntata al sacrifico e/o alla sottomissione psicologica prima che fisica, pregna di atti di dimostrazione d’affetto attraverso il sesso e la preparazione di pasti come fossero offerte sacrificali per l’uomo perfetto; tutti gesti che richiederanno un giorno un “conto salatissimo”, attraverso rivendicazioni altrettanto violente e menzognere.
E saranno proprio le bugie che ad un certo punto diverranno reciproche nel romanzo, l’eccellente dispositivo di messa in scena di un amore che non è amore; e il non frequentare i cari amici di lei assieme al suo amato Cioran, un ottimo modo per non svelarsi e non cambiare l’esito degli eventi.
E mentre io sparivo, scrive l’autrice, “gli stavo togliendo la capacità di vivere senza di me”: il progetto del tutto personale e nascosto diviene così quello di rendersi indispensabile per Cioran. Quanto di più lontano possa esistere da quella che molti definiscono una sana relazione, scevra da aspettative reciproche e guidata piuttosto dallo scambio autentico di affetti, valori o progetti comuni dichiarati e consensuali sui quali impegnare le reciproche risorse.
L’incastro più potente però non deriva soltanto da quello che pensiamo, progettiamo o diciamo, ma da quello che proviamo, dai nostri sentimenti trascurati:
Il disgusto di Cioran verso la “sua” ragazza è lo stesso sentimento che la giovane donna prova per sé tessa, le cui radici sembrano profonde e si perdono nel tempo (radici accennate nel libro, ma poco indagate). E in questo gioco di rispecchiamento embrionale (prelinguistico) tutto sembra funzionare nella coppia: il fuori sembra coincidere col dentro, con quello che proviamo costantemente e che ci inonda dall’interno, distorcendo la percezione di qualsiasi altro nostro sentimento o emozione che possiamo provare.
Più il dentro apparirà compatto, coerente e simmetrico quando anche validato dall’esterno, più il fuori sarà sbilanciato, compromesso, dissestato. Ed è ciò che accade alla nostra protagonista:
“Avevo trasformato la sofferenza in qualcosa che riuscivo a considerare buono. Avevo fatto in modo che la sofferenza fosse una specie di lavoro”.
Gli atti di sottomissione sembrano parlare così la lingua della disperazione psichica che diviene dolore fisico, quello subito o provocato, in cui la logica del prima e il dopo perdono di significato:
“Dentro di me ho sentito qualcosa che non provavo da molti anni, ovvero il desiderio di punire qualcuno non mangiando. Quando ero piccola lo facevo sempre, un istinto inutile ma imprescindibile verso qualcuno che si era comportato male con me. […] verso chiunque non mi desse conferme di cui avevo bisogno. Non intendeva essere una risposta razionale; ovviamente sapevo che non si sarebbero mai accorti che non stavo mangiando, e anche se ne fossero accorti, non avrebbero capito di esserne la causa. Era un dolore privato e per questo migliore: mi lasciavo torturare, senza il loro consenso”.
Nel tempo, il rito del sesso e della preparazione della cena per Cioran sembrano così risolvere le cose fra loro, e sostituirsi a qualsiasi confronto aperto fatto di parole e contenuti anche asimmetrici, conflittuali; col rischio che l’affezione per il dolore provato possa nel tempo sostituire qualsiasi altro sentimento nei nostri confronti, prima che nei riguardi degli altri:
“Insieme al sesso, cucinare era ciò che facevo per sistemare le cose tra noi […] Non era lui a chiederlo né ad aspettarselo. Ero io che istintivamente rimediamo così”…
…ma la “La costruzione di un amore non ripaga del dolore, è come un altare di sabbia in riva al mare…” canta Fossati.
Nella scrittura di Megan Nolan ritroviamo tutta l’immediatezza tipica dei diari di gioventù, una sorta “del tutto fuori” capace di rendere l’idea sugli abissi di disperazione e dolore che potrebbero abitarci per molto tempo. La profondità nel suo sguardo, per certi aspetti ancora immaturo, fa emergere con potenza le emozioni non ancora masticate, metabolizzate.
Questo romanzo è visione chirurgica della dipendenza affettiva problematica e di quel bisogno di approvazione e di conferma che ricerchiamo costantemente per sentirci amate, guardate, viste, prima di liberarcene definitivamente. Ad un certo punto della storia, i temi della sessualità e dell’identità si intrecciano inesorabilmente nelle parole dell’autrice, facendoci intuire che non sono due aspetti separati nella persona. Ed è su questa valida premessa che possiamo comprendere l’importanza di abbattere antichi tabù legati al desiderio femminile libero, lontano dal bisogno di compiacere gli uomini come scopo primario, trasmesso come naturale solo perché millenario.
Un libro da leggere senza giudizio e che per le “verità” scomode e perturbanti dichiarate mi ha ricordato quello di una altra scrittrice latinoamericana Ariana Harwicz “Ammazzati amore mio” (lettura tosta per stomaci forti). Entrambe le scrittrici smontano tabù legati al desiderio femminile e alla libertà di scelte che include anche quella di “non scegliere” o di “scegliere di sbagliare”; e a partire da due età anagrafiche molto distanti, esplorano istinti e sentimenti al femminile per i quali ciò che appare come una scelta naturale per alcune, non coincide necessariamente con la scelta “giusta” per altre.
- Atti di sottomissione, Megan Nolan, NN Editore, 2021 Stagione-Le Fuggitive -Traduz. Tiziana Lo Porto
- Ammazzati amore mio, Ariana Harwicz, Ponte alle Grazie, 2021 – Traduz. Giulia Zavagna
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